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La voce della paura
personale [ ]

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de [reciro ]

2009-01-25  | [Acest text ar trebui citit în italiano]    | 



La responsabilità delle proprie scelte non la si può imputare ad altri, siano essi buoni o cattivi, angeli o demoni.
Ognuno di noi cerca di sopravvivere, e soprattutto in casi estremi lo fa per istinto se prima non è riuscito ad accettare di perdere anche la proria vita per salvarsi l'anima o "essere libero". L'eroicità di alcune persone ci affascina ma allo stesso tempo ci fa invidia perchè magari ci sentiamo una nullità a confronto? Le storie come quella di Gesù Cristo in croce per salvare l'umanità sono l'esempio massimo, oggi potremo parlare dei giudici martiri come Falcone, Borsellino e tanti ancora che si sono spesi per la giustizia e per la libertà. Sono servite a qualcosa? Gesù è figlio di Dio quindi morire non era un problema!!! Falcone e Borsellino invece? Questo è il meccanismo diabolico per rifiutare la sana natura che ogni uomo dovrebbe avere per essere un vero uomo. Alla base c'è la paura ma anche la mancanza di una vera informazione. Fin da piccoli veniamo "informati" alla paura come deterrente per fare una cosa piuttosto che un'altra e questo meccanismo è automatico per generazioni. Purtroppo chi vince fa la storia ma soprattutto la storia dell'informazione fa la storia della coscienza umana. Uscire fuori da questo circolo vizioso non è facile. Credo che le catastrofi e le stesse guerre portino le persone a pensare come pure i lutti di famiglia e quindi proprio la sofferenza si pone come prima base e chiave per aprire la coscienza umana alla realtà della propria esistenza.
Purtroppo poi l'indifferenza ed il tempo smorzano il ricordo nell'umanità, non coinvolta direttamente, in eventi come disastrosi come l'11/9/2001 o le guerre in Afghanistan, Iraq, Gaza etc.
Sembra che di fronte al mistero della morte che ci accomuna tutti la paura svanisce e fa posto alla propria coscienza e al proprio "sentirsi" su questa terra. Se questo pensiero fosse sempre presente e cioè che ogni giorno il pensare che potremo morire appunto semplicemente andando in macchina o in motorino al lavoro piuttosto che scivolando in casa, le cose per noi cambierebbero. La paura di morire diventerebbe accettazione di una possibilità che, prima e si spera poi, arriverà immancabilmente, allora la prospettiva di spendersi al meglio e cioè seguendo la propria coscienza senza paura diventerebbe per noi la nostra liberazione e ci farebbere vivere veramente. Voglio essere chiaro che questo non significa libertinaggio o autodistruzione al contrario dignità umana, onestà, generosità e quindi amore disinteressato.

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